Fotografia, creatività, istinto e emozione. Un blog di Axel Cipollini

martedì 30 giugno 2009

Che bella foto! Ma cosa vuol dire?

Oggi mi lancio in un argomento, che forse per molti può apparire scontato o addirittura vuoto: quando una foto può considerarsi bella?
Il concetto di bellezza di una immagine non è un concetto univoco, credo che almeno su questo siamo tutti d'accordo. Una foto di reportage, una foto pubblicitaria e una foto artistica, saranno giudicate belle o brutte sulla base di parametri e fattori diversi. Analogamente la bellezza non è un assoluto, ciò che è bello per uno può essere orrido per un altro.
C'è però qualcosa che accomuna qualsiasi foto, alla resa dei conti, per essere giudicata bella, un immagine deve riuscire a comunicare.

A me viene da sostituire l'aggettivo bello con l'aggettivo buono, nel senso di efficace, espressivo, buono a comunicare, utile alla sua funzione, che non è puramente decorativa. Dire bello può essere fuorviante, ci fa pensare all'estetica più che alla comunicazione.



Mi viene da pensare ad una famosa foto di Eugene Smith (vedi sopra), che rappresenta una madre che lava il figlio dal corpo deforme, a causa di un intossicazione da mercurio dovuta all'inquinamento industriale della baia di Minamata in Giappone. È una foto eccezionale, una moderna pietà che tocca profondamente i nostri sentimenti più profondi, ci indigna e nel contempo ci commuove per l'infinita compassione che traspare nello sguardo della madre. Eppure dicendo semplicemente bella, potremmo pensare solo all'estetica, alla luce da quadro rinascimentale, alla composizione perfetta, che non costituiscono l'essenza dell'immagine ma solo elementi accessori, complementari.


Nei miei corsi ho sempre detto: una foto per funzionare, per essere buona, bella tra virgolette, deve riuscire a comunicare, e la maniera migliore per comunicare è emozionare.
Se non c'è emozione la comunicazione è fredda, razionale, puramente intellettuale e alla fine scarsamente efficace. È una comunicazione da cartello stradale, da elenco telefonico, da relazione scientifica, senza forza, senza poesia.
L'emozione ci tocca nell'intimo ed il messaggio entra immediatamente e rimane impresso.

Un semplice esercizio che consiglio è quello di selezionare una trentina di vostre foto, e di farle visionare ad amici, conoscenti, familiari, colleghi, chi volete, chiedendo di scegliere le tre migliori e le tre peggiori, senza dare ulteriori dettagli o spiegazioni. Ognuno dei "giudici" apporrà un più dietro le foto buone ed un meno dietro le foto cattive. L'esperienza può andare avanti per giorni o settimane, più persone vedranno le foto, più i risultati saranno interessanti. Ciò che in genere viene fuori è che alcune foto (che io chiamo ignave, senza infamia e senza lode) non vengono scelte da nessuno, ne come belle, ne come brutte, mentre altre collezionano un uguale o quasi numero di giudizi negativi e contemporaneamente positivi.
Le vere foto da scartare, sono quelle senza segni, quelle che non suscitano alcuna reazione! Non quelle che alcuni giudicano brutte e altri belle.

lunedì 8 giugno 2009

Più Vicino!


Bob Capa, uno dei migliori reporter della storia diceva "Se la tua foto non è abbastanza buona vuol dire che non eri abbastanza vicino!". Sembra un consiglio banale, ma è molto più profondo di quello che sembrerebbe. Una foto è buona quando riesce a comunicare, e la maniera migliore per comunicare passa attraverso le emozioni. Per emozionare con le nostre immagini dobbiamo trasmettere messaggi semplici e diretti; più la foto è scattata da vicino, maggiori saranno le possibilità di restringere l'inquadratura a cio che veramente interessa e meno saranno gli eventuali elementi di disturbo e di distrazione per chi guarderà la foto. Non è un caso se i migliori reporter e fotogiornalisti prediligono obiettivi grandangolari (28-35mm sul formato pieno). Fotografi come Henry Cartier Bresson, David Alan Harvey o Alex Majoli, hanno scattato o scattano le loro foto migliori con queste lenti. Con ottiche quindi, che per riempire adeguatamente il fotogramma richiedono una vicinanza fisica, che spesso significa anche vicinanza emozionale, con il soggetto.

domenica 7 giugno 2009

Mi serve una Nikon D3X per fare delle foto fantastiche?

No!
E nemmeno una Canon 5d Mark II, e tantomeno una medio formato con un dorso digitale Phase One P65+ da 65 megapixels (e diverse decine di migliaia di Euro).
Non sarà una macchina fotografica dalla risoluzione eccezionale o dal rango dinamico superesteso, che vi farà fare delle buone foto. E non saranno neanche delle ottiche di gran qualità a fare la reale differenza!
Tutti questi sono solo strumenti, che possono aiutarvi o rendervi il compito più gravoso, ma ciò che davvero conta è altro.
Qualche esempio pratico per chiarire il concetto.
Alex Majoli, fotografo della mitica agenzia Magnum, pluripremiato ai concorsi fotogiornalistici più prestigiosi del mondo, usa esclusivamente delle compatte della Olympus (le cosiddette point and shoot). Ha pubblicato numerosi servizi su riviste come Time e Newsweek scattati con macchine da 4, 5, al massimo 8 megapixel. Date un'occhiata alle sue foto sul sito della Magnum
www.magnumphotos.com/AlexMajoli
Se l'argomento vi incuriosisce qui c'è un'intervista a Majoli, è di qualche anno fa ma è ancora valida.
Ebbene si, sono le le stesse digitali utilizzate dallo zio Gino a Gardaland!
E se non bastasse... fotocamere simili sono state (e sono) utilizzate professionalmente da fotografi come Paolo Pellegrin e Chris Anderson (premiati in diverse occasioni al World Press Photo).
Forse qualcuno starà pensando che ciò è valido solo per i fotogiornalisti, che hanno bisogno di macchine piccole, discrete e silenziose, e per ottenere questo sono disposti a compromessi sulla qualità... E allora perché Fabrizio Ferri, uno dei migliori fotografi italiani di moda, per i suoi ultimi servizi su Max e per un calendario ha utilizzato una compatta Canon G9?
Alcuni continueranno a pensare che sono casi limite, isolati.
Allora date un'occhiata a questo articolo apparso poco tempo fa sul sito di tecnica fotografica di Michael Reichmann, uno dei più seri ed affidabili presenti su internet.
Per quelli in difficoltà con l'inglese o che hanno poco tempo vi riassumo le conclusioni.
Michael ha scattato una serie di foto di natura e paesaggio sia con una Canon G10 (una compatta da 430 Euro) che con una Hasselblad H2 con un dorso digitale Phase One da 39 Mpixels (una macchina superprofessionale da 30.000 Euro).
Dopo aver stampato le foto in formato A3+ (32X47 cm circa) le ha mostrate ad un gruppo di sette esperti, comprendenti fotografi di provata esperienza e professionisti dell'industria fotografica, dicendogli semplicemente che erano state realizzate con due attrezzature differenti e chiedendogli di dividere conseguentemente le stampe in due pile, quelle scattate con la macchina X e quelle scattate con la macchina Y.
Risultato? Nessuno degli esperti è riuscito a percepire una reale differenza qualitativa e nessuno è riuscito ad indovinare più del 60% delle foto. Diversi di loro hanno giudicato addirittura migliori le foto scattate con la piccola digitale!
Certo, probabilmente se le foto fossero state stampate 100X70 cm o più grandi e se osservate a distanza ravvicinata, la differenza in risoluzione sarebbe stata visibile... ma chi è che normalmente stampa le proprie foto più grandi di una doppia pagina di una rivista patinata? È anche nel raro caso di raggiungere dimensioni da cartello pubblicitario, chi è che si mette ad osservare gli ingrandimenti ad una spanna di distanza?
La ciliegina sulla torta ora, quello che uso io nel mio lavoro. Attualmente utilizzo una Canon 40d ed una vecchia 20d, ma sempre di più anche una Canon G10, quando voglio meno peso e/o maggior discrezione. E anche le foto della compatta sono tranquillamente accettate dalla mia agenzia Aurora Photos, (una delle più pignole in termini di qualità). Mi hanno accettato persino delle foto fatte con una Canon G2 (4 milioni di megapixels...).
In anni di attività professionale e di collaborazioni con agenzie fotografiche internazionali e riviste di qualità, almeno nel campo del cosiddetto piccolo formato, non ho mai utilizzato macchine fotografiche al top della gamma! Prima con le analogiche e poi con le digitali, ho (quasi...) sempre preferito per ragioni di ingombro e di costi dei modelli intermedi (Olympus OM1, Nikon F90x, Fuji S2, Canon 20d e 40d).
Ed altrettanto hanno fatto e fanno grossi fotografi; fino a qualche tempo fa il sito del National Geographic pubblicava i modelli delle macchine con cui i loro fotografi realizzavano i servizi, ed era abbastanza comune scoprire che alcuni servizi erano realizzati con macchine semi-professionali o addirittura amatoriali.
La foto sopra è stata realizzata con una Canon G2 da 4 Mpixels...

sabato 6 giugno 2009

2. Fare foto migliori. Come?

Il nostro cervello ha due modi molto diversi di funzionare e di processare le informazioni che gli arrivano dai sensi. L'emisfero sinistro lavora in maniera analitica, classifica le cose che percepisce in categorie, fa confronti ed emette giudizi. È la parte di noi che di fronte ad un quadrupede con zoccoli e criniera pensa: "Questo è un cavallo!". Che di fronte ad un paesaggio pensa: "Chissà quanto è alta quella montagna"... oppure "Quella striscia di blu che si vede sarà mare o lago?", oppure che pensa "Che bello!" o "Che squallido!" o "Mi piace più di....".
Ed è anche la parte che si occupa della gestione del linguaggio e della percezione del tempo.
La parte destra del cervello invece è la parte collegata ai sensi, alla percezione contemporanea di tutto quello che ci circonda. Senza dare giudizi e senza fare confronti, classificare o interpretare. Per l'emisfero destro esiste solo il momento presente e non è quindi in grado di percepire lo scorrere del tempo.
Per l'emisfero destro tutto può essere ugualmente interessante, indipendentemente dal valore intrinseco dell'oggetto. Se la luce e gli accostamenti cromatici catturano la sua attenzione, un cestino di spazzatura stracolmo, può essere più interessante della torre Eiffel.
Ma che c'entra tutto questo con le foto?
C'entra eccome...
L'emisfero destro tende a dare giudizi in base alle sue categorie di pensiero, alle sue classificazioni ed ai suoi schemi. Per lui, difficilmente un pezzo di carta stracciata per terra può essere interessante, tantomeno una macchia sul muro, anche se avesse la bellezza di un quadro di Pollock o di Fontana. Per il cervello sinistro una macchia è una macchia. Punto.
Ma come dire alle circonvoluzioni sinistre di darsi una calmata, farsi un pisolo insomma e contemporaneamente cercare di spronare il cervellino destro a farsi valere?
Ci sono persone avvantaggiate in questo, a cui viene naturale uscire dalla gabbia della razionalità, ma per la maggioranza non è proprio facilefacile. Non tanto perché nasciamo così, quanto perché la nostra cultura ed il nostro sistema educativo privilegia la nostra mezza-testa analitica, considerando l'altro mezzo-cranio, secondario, inaffidabile e persino pericoloso!
Già, perché è la parte più libera ed istintiva che abbiamo, ed anche quella legata al piacere, ed è una parte che non conosce regole.
Tra l'altro il cervello destro è quello che comanda il lato sinistro del corpo... ed in diverse lingue, tra cui l'italiano, il termine sinistro, ha anche il significato di negativo, pericoloso, preoccupante.
Nei suoi seminari di disegno, Betty Edwards (vedi post precedente), una geniale insegnante d'arte americana, per far lavorare il lato destro, fa copiare ai suoi allievi alcuni disegni di autori famosi sottosopra. In questo modo il lato sinistro, facendo fatica a riconoscere cosa rappresentino i diversi tratti, molla la presa e lascia agire l'emisfero destro, per il quale una linea è una linea, e non gli importa nulla se è un naso, un orecchio o una crepa del muro. I risultati sono sorprendenti, copiando al contrario le copie sono incredibilmente più precise e somiglianti di quelle riprodotti nel senso giusto!
OK ma fotografando come possiamo sabotare il cerebro sinistro?
Mettendoci a testa in giù? Be, ci sono metodi più semplici!
La cosa migliore sarebbe fotografare come se si fosse degli alieni alla prima visita sul nostro meraviglioso (ma sgarrupato) pianeta. Come se vedessimo ogni cosa per la prima volta. Come se non sapessimo nulla di nulla!
Già... facile a dirsi, ma non altrettanto a farsi, a meno di fare uso di funghetti o di cactus allucinogeni.
E allora alcuni consigli pratici:

1) Fotografate ciò che normalmente non fotografate, che non vi piace, non vi interessa, oppure che vi è indifferente!
2) Fate foto astratte, ovvero foto in cui i soggetti non siano immediatamente riconoscibili;
3) Fotografate dettagli, parti, piuttosto che interi soggetti;
4) Cercate di tirare fuori foto originali da cose che avete visto migliaia di volte, per esempio la vostra città, magari lungo il percorso che fate ogni giorno per andare a lavorare;
5) Fotografate la vostra stanza, i vostri vestiti. le vostre scarpe, le vostre mani;
6) Provate a guardare un pacco di foto al contrario scegliendo quelle che vi piacciono di più;
7) Fotografate senza guardare ne mirino, ne lcd, anche con una mano sola, magari con la macchina molto alta o molto bassa (ma non è obbligatorio), provando a intuire quale sarà l'inquadratura;
8) Uscite a fotografare con la macchina più semplice ed elementare che avete. Se avete solo una reflex scegliete un obiettivo a focale fissa, se non ce l'avete usate uno zoom senza cambiare la focale.
9) Mettete la macchina in automatico, o in program, e dimenticate tempi, diaframmi e profondità di campo. Concentratevi solo su inquadratura e momento.
10) Fotografate senza pensare ai risultati;
11) Divertitevi, prendete tutto come un gioco!

Forse alcuni di questi suggerimenti vi sembreranno senza senso, o magari stupidi. Ma hanno tutti dei motivi ben precisi: farvi uscire dagli schemi, liberare il vostro modo di fotografare, farvi scoprire che tutto può essere interessante, lasciare un poco da parte il calcolo per privilegiare l'istinto.
Non sono consigli "per sempre"... una volta che li avrete praticati per qualche mese, ora uno, ora l'altro, tutti insieme o nelle combinazioni più varie, potrete anche abbandonarli e ritornare alle vostre abitudini, ma sicuramente qualcosa sarà cambiato... in meglio!

venerdì 5 giugno 2009

1. Fare foto migliori. Come?


Tutto sta nell'imparare a vedere.
Ma che vuol dire?
Sembra una delle solite frasi d'effetto che alla fine vogliono dire poco, invece è il centro della questione.
Ma a vedere cosa?
Tutti pensiamo di saper vedere, già. Più o meno bene, difetti visivi a parte...
Eppure non tutti sanno fare delle foto decenti, e tantomeno disegnare o dipingere meglio di un bambino di otto anni.
Che piffero c'entra, penserà qualcuno...
Quasi tutti pensano che l'incapacità o la scarsa abilità siano un problema di mancanza di conoscenze tecniche, o di "dono artistico", non certo di capacità di vedere. Ed altrettante moltitudini di aspiranti fotografi pensano poi che il saper fotografare poco abbia a che fare con il saper disegnare. Eppure, alla base di tutte le arti visive c'è sempre l'imparare a vedere.
Ma cosa cavolo vuol dire?
Semplicemente vedere le cose come sono, senza metterci etichette, interpretazioni, giudizi di valore, concentrandosi invece sulle forme, sui colori, sulle luci e le ombre e sulle relazioni tra i vari elementi, eventualmente posti su diversi piani, che compongono la fotografia.
Abbiamo molte più possibilità, molte più scelte di quelle che crediamo, anche se abbiamo una macchina fotografica obsoleta, anche se ce la siamo costruiti noi con una scatola di scarpe o una lattina di coca cola (e non sto scherzando...! (Vedi http://www.kodak.com/global/en/consumer/education/lessonPlans/pinholeCamera/pinholeCanBox.shtml).
Accanto alle foto che troviamo su internet o sulle riviste di fotografia, spesso leggiamo il modello della macchina e magari anche tempo, diaframma e focale dell'obiettivo... ma quanto sono importanti questi dati? Spesso poco, molto poco. E comunque molto meno di altre cose come il punto di vista e l'istante scelti dal fotografo!
Di fronte a qualsiasi scena, a qualsiasi soggetto, abbiamo miliardi di potenziali foto che potrebbero essere scattate. Abbassarsi di 10 cm o anticipare lo scatto di tre decimi di secondo, per quanto assurdo possa sembrare può fare la differenza tra una foto banale ed un capolavoro.

Una buona foto non solo può essere fatta con una macchina fotografica antidiluviana, oppure con una usa e getta, ma può persino avere come soggetto qualche cosa di banale, comune, quotidiano, normale.
La bellezza, la forza di un'immagine, più che nel soggetto, molte volte, sta nel modo in cui è fotografato.

Ma torniamo al parallelo con il disegno, che ci può aiutare meglio a capire come stanno le cose...
Perché la maggioranza degli adulti è incapace di farsi un autoritratto somigliante?
Per saperlo, provateci! Bastano un foglio, una matita morbida, una gomma ed uno specchio, oltre ad un'oretta di tempo. Nell'80% dei casi il risultato sarà una schifezza! Ma perché?
Perché invece di riprodurre quello che i vostri occhi vedevano nello specchio, avete riprodotto delle interpretazioni mentali di quello che i vostri occhi vedevano riflesso. In pratica avete messo assieme dei simboli di naso, bocca, occhi, contorno del viso. Il problema non è nella mano, e nella testa!
Per quanto bizzarro possa sembrare, per la fotografia, vale la stessa cosa!
Date un'occhiata ai due disegni qui sopra, sono due autoritratti disegnati dalla stessa persona a cinque giorni di distanza. In meno di una settimana si può imparare a vedere!

I disegni sono tratti dal sito http://drawright.com/ - Sito dedicato al libro "Drawing on the right side of the brain" di Betty Edwards. Esiste anche in italiano: "Disegnare con il lato destro del cervello", Zanichelli.
Nel prossimo post cercheremo di capirci qualche cosa di più...

Informazioni personali

Fotografo da 38 anni. Professionista da 15. Insegno fotografia da 12. ...mi diverto ancora. Le mie foto possono esser viste sul sito www.axelcipollini.com o sul sito dell'agenzia che mi rappresenta www.auroraphotos.com